Etichetta ambientale: scelta consapevole

Ogni prodotto ha un proprio impatto ambientale che potrà essere verificato anche dai consumatori.

Un progetto tutto italiano quello della nuova etichetta ambientale frutto della collaborazione tra SPRIM, società di consulenza strategica che opera nel campo della salute dell’uomo e dell’ambiente, e i ricercatori dell’Istituto di Chimica Agraria e Ambientale dell’Università Cattolica del Sacro Cuore.

Realizzata seguendo le indicazioni fornite dalle ISO 14040/14044 ovvero la normativa che tratta l’analisi del ciclo vita del prodotto e seguendo le linee guida francesi AFNORDEME, la nuova etichetta rappresenta un innovativo modello di informazione che vuole orientare da una parte le aziende per la produzione dall’altra i consumatori ad un modello di consumo più eco-sostenibile.

La sua applicazione sulle confezioni dei prodotti di più largo consumo permetterà, per mezzo di una grafica semplice e immediata, di far conoscere direttamente al consumatore l’impatto ambientale dei prodotti acquistati grazie a un indicatore complessivo e a contatori riguardanti i singoli elementi: consumo d’acqua, emissione di CO2 e sfruttamento del suolo e delle risorse.
Non si tratta di una novità in senso assoluto poiché in Francia tale metodo di informazione è stato reso obbligatorio già da un paio d’anni dal governo Hollande mentre a livello europeo la burocrazia prevede ancora tempi lunghi per una direttiva che obblighi gli stati membri alla sua adozione.
L’elemento di novità è rappresentato dal fatto che la nuova etichetta propone per così dire la soluzione italiana ad un sistema informativo che permetta al consumatore finale una scelta più consapevole in materia di ecologia e sostenibilità. Sono stati adottati parametri e differenziazioni rispetto al modello dei “cugini francesi” rendendo di fatto più articolato il giudizio complessivo espresso sul prodotto.

In termini pratici non dovremmo aspettarci delle rivoluzioni sul modo di consumare e sui nostri modi di acquisto nei supermercati, continueremo senza dubbio a perseguire le nostre abitudini alimentari e non con la differenza che potremmo in qualche misura essere più consapevoli del nostro impatto ambientale perchè esso è strettamente legato all’abitudine e al consumo di prodotti.

È risaputo che un kg. di carne per essere prodotta necessita di molta più acqua che un kg. di verdura ma fintanto che questa informazione non sarà espressa in maniera evidente e condivisa difficilmente il nostro stile alimentare potrà variare.
D’altro canto le aziende produttrici saranno chiamate a una maggiore responsabilità ambientale e sociale nei confronti della comunità che le ospitano. La globalizzazione dei consumi ha orientato per decenni l’industria alimentare a proporre prodotti e merci sempre a costi più ridotti a scapito di ambiente e risorse consumate in modo spregiudicato, tenendo completamente all’oscuro il consumatore. Lo scandalo della carne di cavallo di dubbia provenienza non dichiarata nelle etichette degli alimenti è proprio il frutto della ricerca del prezzo e non della qualità con i risultati che sono sotto gli occhi dell’opinione pubblica.

Ecco allora che le aziende più virtuose saranno quelle che operano e commercializzano i prodotti laddove vengono prodotti con minor impatto ambientale e inquinamento, l’oramai famosa produzione “a km. zero”.
Se l’insegnamento di Papa Francesco è di “preservare il creato” allora siamo proprio sulla retta via!!

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