Strategia Rifiuti Zero

In Italia la “Zero Waste” Strategy (strategia rifiuti zero) è vista con diffidenza ostacolando lo sviluppo di altri tipi di smaltimento.

Neppure il sindaco “grillino” di Parma è riuscito a rallentare l’iter che porta all’avviamento del grandissimo inceneritore che dovrebbe funzionare proprio nella capitale del cibo “made in Italy”, perchè Parmalat e il Parmigiano Reggiano sono nate e risiedono proprio in quelle parti. Ribattezzati come “termovalorizzatori” poichè “inceneritore” richiamava un’accezione negativa e retrograda, i bruciatori di immondizie rappresentano in Italia grossi investimenti in quanto i rifiuti da “smaltire” sono ancora tanti. Il circolo vizioso parte allora proprio da qui: la produzione dei rifiuti. Paul Connet, chimico statunitense, è il padre e ideatore della strategia rifiuti zero che in altre parti del mondo ha coinvolto milioni di persone, le città di San Francisco o San Diego in California per citare le più conosciute. La strategia è insita in una semplicità sconcertante che coinvolge e necessita il coinvolgimento obbligatorio di almeno tre componenti fondamentali della società civile : la politica che fa le leggi, i cittadini e la produzione industriale. I primi nel legiferare alcuni principi basilari: se non si può riciclare non va prodotto! Un qualsiasi bene che sia una bottiglia d’acqua o una stampante per computer deve avere sin dalla nascita un piano di recupero e riciclo di oltre il 90% dei suoi componenti. Solo così si riesce a spezzare la filiera che prevede l’uso di materie prime per produrre nuovi beni: semplice ed efficace. Se un storico colosso della produzione di stampanti per computer ha adottato questo principio vuol dire che economicamente parlando la strategia rifiuti zero è anche conveniente. Una legge che obbliga al riciclo completo o quasi nella produzione di beni coinvolge e responsabilizza le aziende artefici della produzione, che a loro volta sono direzionate verso lo studio e la ricerca nell’uso di materiali riciclabili o riciclati contribuendo a creare valore. Un bene avrebbe sì un valore iniziale nel momento in cui viene prodotto ma anche un valore finale nel momento in cui viene riciclato, quello che ora rappresenta unicamente un costo a carico sia dell’azienda che della comunità. I cittadini e le collettività a loro volta hanno il compito di differenziare e smaltire i rifiuti nel modo più appropriato possibile al fine di poter riciclate tutto quanto è possibile fare con l’obiettivo ideale ma non impossibile di avere 100% riciclo e zero rifiuti. Due anni fa erano venti i Comuni che in Italia avevano iniziato a costruire il percorso verso quest’obiettivo. Oggi sono oltre 75. Dati alla mano 2 milioni e mezzo di cittadini sono amministrati da giunte che credono alla strategia “no waste”, partita da Canberra nel 1995 e da noi avviata nel 2007 nel cuore della Toscana a Capannori, un comune di 46 mila abitanti in provincia di Lucca. I risparmi e le conseguenti implicazioni hanno generato un nuovo modo di far cultura ambientalista e uno stile di vita diverso non per consumo ma per consapevolezza. Accanto alla politica di riciclo sono nate esperienze di risparmio su tutto ciò che rappresenta un superfluo: il punto vendita effecorta (www.effecorta.it). In esso generi alimentari quali pasta, farina, latte, ma anche non alimentari come detersivi o profumi, vengono venduti sfusi ovvero senza confezione, la confezione si compra una volta e si riutilizza sempre: semplice ed efficace. Si compra il prodotto e non la confezione! Ma idee su questa sensibilità si moltiplicano: uso di acqua non potabile per i wc, produzioni a km. zero, ecc. Consegnare un pianeta migliore ai nostri figli si mette nello stesso spirito di “preservare il creato” di Papa Francesco, non più solo un imperativo morale ma anche una gioia cristiana.

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